A cura del prof. Cosmo Tridente
Prima di soffermarci sulle
vicende storiche della Confraternita, desidero brevemente tratteggiare la
figura di questo Santo che la Chiesa festeggia il 21 giugno di ogni anno.
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Luigi, figlio primogenito del
marchese Ferrante Gonzaga e di Donna Marta Tana di Santena, nacque a
Castiglione delle Stiviere, un paesino in provincia di Mantova, il 9 marzo
1568.
Sin da ragazzo il padre lo
portava con sé in lunghi viaggi presso le corti italiane ed europee. Il
marchese desiderava infatti educare così il suo erede alla vita di corte e
addestrarlo alle arti diplomatiche nelle quali i Gonzaga eccellevano per
tradizione. Fu proprio alla corte di Spagna, mentre era ospite di Filippo II,
che nella mente del ragazzo prese corpo l’idea di abbracciare la vita religiosa
e di rinunciare al marchesato. Al suo ritorno in Castiglione, l’annuncio di
questo proposito scatenò un dramma familiare perché Ferrante, consapevole
dell’intelligenza e della rettitudine del figlio, non voleva rinunciare a un
successore che avrebbe dato sicuramente lustro al casato. Convinto che potesse
trattarsi di un capriccio adolescenziale, si adoperò per dissuadere il figlio,
ora con rimproveri, ora con ricatti, ora tentando di distrarlo con piaceri
della vita mondana. Ma fu tutto inutile. A 18 anni, firmato l’atto di rinuncia
al marchesato in favore del fratello Rodolfo, Luigi potette partire per Roma
per entrare, com’era suo desiderio, nella Compagnia di Gesù, avendo a maestro
spirituale S. Roberto Bellarmino. Saltuariamente si recava a casa per aiutare
la madre a risolvere problemi di casato tra suo fratello Rodolfo e il Duca di
Mantova.
In una epidemia di peste volle prestare soccorso ad un
appestato in abbandono caricandoselo sulle spalle. Contagiato dalla malattia,
morì il 21 giugno 1591, aveva solo 23 anni. Il 31 dicembre 1726 venne proclamato
Santo da Benedetto XIII e nel 1729 fu dichiarato patrono dei giovani: Luigi onor dei vergini / Proteggi i tuoi
devoti / Accogli lodi e voti / Che lieti a te leviam, come leggiamo nel
canto a lui dedicato, composto da Vitantonio Cozzoli. I suoi resti mortali si
trovano nella chiesa di Sant’Ignazio in Roma, mentre il capo è custodito nella
Basilica a lui dedicata in Castiglione delle Stiviere.
Presso la parrocchia S. Gennaro
in Molfetta, è custodita una statua lignea di S. Luigi (1814), opera dello
scultore napoletano Francesco Verzella (lo stesso che scolpì le statue
dell’Assunta e della Madonna del Buon Consiglio, ivi venerate). L’iconografia
lo rappresenta come un giovane novizio gesuita che stringe al petto un
crocifisso e nell’atto di calpestare lo scettro e la corona, simboli di
mondanità e di potere.
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A tale proposito giova qui
riportare alcuni dati anagrafici dello scultore, autore dei tre capolavori,
tratti dall’Archivio Storico Diocesano di Napoli: Francesco Antonio Giuseppe Verzella, di Giovanni e Orsola Rispoli,
fu battezzato il 28 marzo 1776 ed abitava alle Gradelle di S. Giuseppe. L’8
gennaio 1795 dichiara di essere scultore ed abita presso la parrocchia di Tutti
i Santi. Sposò in prime nozze Maria Gaetana Teresa Landi e dal loro matrimonio
nacque Luigi il quale a sua volta sposò Giuseppa Taglialatela. Il 27 gennaio
1823 muore Teresa Landi di anni 42 ed è sepolta nella Congrega di Verteceli. Il
7 dicembre 1826 Francesco Verzella di anni 50, figlio di Giovanni ed Orsola
Rispoli e vedovo di Teresa Landi contrae il 2° matrimonio con Maria Pennino di
anni 35, figlia del fu Domenico e Chiara Stella Nappi e vedova di Francesco
Benevento, napoletani della parrocchia di Tutti i Santi. Dal 2° matrimonio
nasce Ferdinando che a sua volta sposa Maria Angela Fortini. Francesco Verzella
muore nel 1835.
Ma ritorniamo alla Confraternita
di S. Luigi.
La Confraternita
omonima fu istituita nel 1788 per volontà del vescovo Gennaro Antonucci
(1774-1804) il quale, per impartire ai giovani la morale e le istituzioni
cristiane ordinò ai maestri di Molfetta, nelle domeniche e feste di precetto, di
condurre i propri alunni nel chiostro del palazzo vescovile (ex collegio dei
gesuiti). Il vescovo assegnò loro per questo intento una cappella che sorgeva
nel recinto del palazzo vescovile. Qui nacque un oratorio dove i giovani si
sentirono subito congregati. Vi erano varie manifestazioni di culto quali le
feste in onore di S. Luigi e di Maria Assunta alla quale è dedicata la Cattedrale) con
novenario e processione. Il coordinatore di queste attività era l’allora Accolito
don Gaetano Salvemini poi diventato Canonico della Cattedrale e Padre
Spirituale (forse il primo della Congregazione). Nel 1809 i congreganti
chiesero alle autorità ecclesiastiche di poter seguire la processione di S.
Luigi non in abiti ordinari, e ciò venne loro concesso. Così nacque il camice
bianco con cingolo cremisi e una stola bianca trasversale con il ricamo delle
insegne della Confraternita: scettro, corona e giglio, in più in quell’epoca si
usò una medaglia d’argento con l’effige del Santo su sfondo cremisi. In epoca
imprecisata (forse nel 1818), per motivi logistici, i congregati chiesero al
vescovo Domenico Antonio Cimaglia (1818-1819) il trasferimento del sodalizio da
detta cappella alla parrocchia S. Gennaro, con il consenso del parroco
pro-tempore Francesco Saverio Nisio. Il 25 aprile 1823 la Confraternita fu
riconosciuta giuridicamente con decreto di Ferdinando I di Borbone.
Scopo della Confraternita, come
ha scritto Luigi Michele de Palma (“Luce e Vita” n.33 del 9.9.1984) era quello di promuovere tra gli iscritti una vita
cristiana nella sua pienezza attraverso l’ascolto della parola di Dio, la vita
sacramentale e il servizio dei fratelli; diffondere la devozione e il culto per
S. Luigi Gonzaga, patrono della Gioventù Cattolica, costituirsi come
qualificata presenza cristiana collaborando con le altre Confraternite e in particolar
modo alle attività pastorali parrocchiali, promuovendo anche iniziative
culturali.
Il nuovo statuto della Congrega,
approvato da mons. Antonio Bello il 31 maggio 1987 prevedeva, tra l’altro:
l’incontro con i confratelli ogni terza domenica del mese per la recita dei
Vespri, la partecipazione alle processioni del Corpus Domini e dei Santi
Patroni, la celebrazione del triduo e della festa del Santo nel mese di giugno,
la indizione di tre assemblee ordinarie nel corso dell’anno, l’istituzione di
borse di studio per studenti bisognosi, la celebrazione di una messa di
suffragio nel trigesimo della morte di ciascun confratello. La Congregazione operò
sino agli inizi del 1900, e nel 1909 si tenne per l’ultima volta la
tradizionale processione del Santo.
Dopo un lungo periodo di
inattività, nel 1985 il sodalizio riprese le sue pratiche devozionali per
interessamento dell’Amministrazione 1985-1988, presieduta dal dott. Francesco
Stanzione (già Priore dell’Arciconfraternita della Morte), coadiuvato da
Onofrio Sgherza (primo componente) e Umberto Rana (secondo componente) essendo
parroco don Saverio De Palma. Il simulacro, fissato su una base di legno noce,
fu portato in processione nel 1986 e nel 1988 per le principali vie del
quartiere parrocchiale, con devota partecipazione di un folto numero di giovani
confratelli (a quell’epoca si contavano circa un centinaio di iscritti).
Negli anni successivi è rimasta
sospesa ogni attività confraternale e celebrativa sino ai nostri giorni,
nonostante i buoni auspici di Mons. Sergio Vitulano, attuale parroco della
parrocchia S. Gennaro. Pertanto, per il persistere dell’inattività, S.E. Mons.
Luigi Martella, vescovo della Diocesi, avvalendosi della facoltà concessa dal
canone 120 §1 del Codice di Diritto Canonico, con proprio decreto del 12
novembre 2011, Prot .n.170/11, deliberò l’estinzione del pio sodalizio,
disponendo che la cappella funeraria ubicata nel Cimitero monumentale di
Molfetta ed eventuali altri beni appartenenti alla Confraternita, fossero
devoluti alla parrocchia S. Gennaro.
La richiesta inoltrata in data 13
dicembre 2011 da Mons. Sergio Vitulano al Sindaco pro-tempore di Molfetta al
fine di ascrivere ai beni della parrocchia la cappella funeraria è rimasta inascoltata, per cui l’immobile
attualmente è in stato di abbandono.
Non c’è dubbio che l’estinzione
della Confraternita di S. Luigi segna, purtroppo, un’amara sconfitta nella
storia religiosa e culturale della nostra città, nonché nella stessa vita di
relazione. Non a caso Italo Calvino (Il
barone rampante) così si esprime: «Le
associazioni (religiose o laicali che siano) rendono l’uomo più forte e mettono
in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che
raramente s’ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c’è onesta e
brava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone».
Ci resta solo la consolazione, coram populo, di conservare nel
patrimonio ecclesiastico un’opera scultorea verzelliana di notevole valore
artistico. E questa non può essere “estinta”, absit iniuria verbis.
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto (1) e (2) provenienti dall'archivio privato del dott. Francesco Stanzione, foto (3) a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto (1) e (2) provenienti dall'archivio privato del dott. Francesco Stanzione, foto (3) a cura del prof. Cosmo Tridente.
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